La storia di Claudia G.: una migrazione inaspettata e l’integrazione in una città a misura d’uomo

Una testimonianza

Claudia G. 37 anni laureata in Storia e conservazione del patrimonio culturale, sposata e mamma di due bambine attualmente docente di cultura generale presso le scuole professionali. Io sono arrivata qui 8 anni fa con due bimbe piccole si può dire per caso. Con un passato migratorio alle spalle, trasferimento dalla Calabria a Milano dove ho frequentato parte delle scuole elementari e medie. Anche quella nei miei ricordi una esperienza di integrazione più che positiva. Forse non è stato altrettanto tale il ritorno perché ho trovato e trovo ancora difficile di reintegrarmi nel mio paese d’origine.

Dopo gli studi universitari mi sono sposata, e ho avuto due bambine. La mia situazione economica non era a rischio anzi mio marito guadagnava uno stipendio adeguato alle necessità di una famiglia. Ciò che abbiamo sofferto è stato soprattutto un desiderio di dignità, senso di rispetto delle regole e della società che ci mancava, l’impressione di non avere futuro, l’interrogativo su quale futuro avremmo potuto dare alle nostre figlie, quali opportunità. In un breve momento in cui era senza attività lavorativa, mio marito ha ricevuto la proposta da parte di uno zio che risiede a Locarno di trasferirsi qui dato che una pizzeria era in cerca di un nuovo pizzaiolo. Abbiamo deciso di migrare così all’improvviso senza troppe pretese ne tanti programmi, non sapevamo se stessimo facendo una scelta definitiva o temporanea. Senza troppe pretese, l’unica aspettativa era d di mantenere la famiglia unita. Si è spostato prima mio marito, all’epoca io aspettavo la nostra seconda bambina. Io sono salita un anno dopo, quando questa bambina non aveva ancora compiuto un anno.

Per il mio caso io racconto spesso di un colpo di fulmine, come dico sempre ho avuto la fortuna di arrivare diretta a Locarno. Una perfetta città a misura d’uomo (per un anno o più non avevamo l’auto a disposizione). Per le prime necessità ci siamo appoggiati all’aiuto dello zio di mio marito con il quale comunque non avevo una frequentazione. A Locarno con due bimbe di 11 e 24 mesi, senza legami famigliari e con il marito impegnato a lavorare, i primissimi giorni mi ricordo che andavo al parco in via delle scuole e quello devo dire e vorrei sottolinearlo è che quello stato il primo luogo dove è avvenuta la mia integrazione. Il parco in questione è circondato dai palazzi penso storici della città frequentato per lo più dalle signore che abitano i palazzi e i nipoti. Loro, signore emigrate qui negli anni 60-70-80 si prendevano a mano a mano cura delle nuove arrivate con i loro racconti le loro domande, mai troppo invadenti, i loro consigli, una parola di conforto, qualche informazione al bisogno. Ecco di loro porto nel cuore una forte gratitudine e spesso mi domando se il sistema le ringrazia adeguatamente o se è a conoscenza della opera che sottotraccia silenziosamente portano alla comunità.

Con il passare del tempo ho imparato a muovermi per la città e conoscere sue peculiarità. Mi muovevo con sempre più sicurezza sul suo territorio. Ho iniziato a partecipare alle manifestazioni culturali del Locarnese e a comprendere la ciclicità di queste. Ho cominciato a frequentare le diverse iniziative proposte dai diversi enti presenti sul territorio. Ho conosciuto L’AQRS tramite il docente Lorenzo e la sua esperienza con l’orto di quartiere. Per anni mi sono presa cura dell’orto, dove mi recavo anche per ritrovare i visi conosciuti. Ho cominciato a conoscere i vicini, la cassiera della Migros, la biblioteca cantonale e gli uffici presenti sul territorio. Tutto non era più così nuovo ma ha cominciato a diventare familiare. Io con Locarno e con il Locarnese è scattata subito una scintilla. Con orgoglio posso dire di sentire e di conoscere il lago il mattino presto quando è immobile o solcato da piccole onde nei gironi ventosi, limpido e azzurro come nero. Conosco Locarno agghindata a festa e Locarno al mattino presto quando invece si sveglia dopo la festa.

Dopo 8 anni, posso dire di essere perfettamente integrata, di essere parte di lei. Di aver gioito e pianto con lei, di essere cresciuta con lei e in lei. Mi piacerebbe contribuire a plasmarla. Io la vivo e con gli anni ho imparato a conoscerla nella sua complessità e nelle sfide che si trova ad affrontare, anche rispetto al suo ruolo rispetto alle altre città nel cantone. Ma come città sempre più multiculturale, ci sono sfide che mi piacerebbe continuare ad aiutarla a risolvere dall’interno, poiché, come noto, noi che la viviamo dall’intorno siamo proprio coloro che più di tutti ne conoscono le dinamiche. Per Locarno, per il locarnese e per tutti.

Vorrei aggiungere forse una nota negativa o stonata perché, accanto alla mia integrazione di mamma e poi di docente, posso riferire dell’esperienza di mio marito che invece, come uomo, non ha potuto usufruire di quel sostegno di cui io ho potuto beneficiare. Inoltre, il mondo del lavoro nella ristorazione, viste proprio le peculiarità del settore (mi riferisco soprattutto al dumping salariale), hanno invece forse contribuito a sfiduciarlo verso la società e il sistema, rendendo di conseguenza la sua integrazione forse meno semplice. Ritengo che la sua esperienza sia la prova del fatto che ci sono, a mio parere, tante realtà che non riusciamo purtroppo a raggiungere e che ancora c’è molto da fare. Ciò è triste e non degno dei principi sui quali vogliamo fondare la nostra società.

Claudia G.